A Édouard Manet, che lo replica, l’Autoritratto da settantenne di Jacomo Robusti, il Tintoretto, pare il più bel quadro al mondo per Emilio Vedova è un’identificazione con quello che ha sempre considerato un ‘compagno di strada’, il proprio ritratto fotografico perfettamente sovrapponibile al volto di Jacomo. Formidabilmente amato o detestato, da secoli Tintoretto divide esegeti e detrattori: esaltato dal genio romantico di Ruskin – “non sono mai stato così completamente annichilito di fronte a una mente umana come lo sono stato oggi, di fronte a Tintoretto” – e dalle penne di Goethe, Stendhal o Henry James, è l’interprete di una narrazione pittorica capace di mettere insieme “il disegno di Michel Angelo e ‘l colorito di Tiziano”, la formula che per molti contemporanei racchiudeva tutta intera l’arte del Cinquecento.