Questa è la storia di Demon e Davi, diciottenni celestiali e perverse che vivono al contrario. Dormono di giorno e si svegliano di notte, come pipistrelli lavorano in un night club di Zurigo e assumono il Luminal, potente e leggendario barbiturico con il quale, si dice, sia morta Marilyn Monroe. Sui loro corpi esili ed eterei, che pattinano flessuosamente per le strade gelate, c'è sempre la luna, «così appesa sopra un concerto di David Bowie», centro ipnotico e madre che le ha partorite lasciandole cadere dall'alto. Intorno a loro si muove uno stuolo di viziose creature, o forse un branco di «angeli maldestri». Denise e Paula, ma soprattutto Desdemona, entraîneuse dispotica che prima tenta di manipolarle e poi le costringe a scappare in autostop da una capitale all'altra dell'Europa - in un viaggio al termine reale della notte, in attesa di un'alba di morte che richiama i ventidue suicidi celebri cui il romanzo è dedicato. Quasi non c'è punteggiatura in questa fiaba oscura dell'anima, di cui il lettore subisce l'incantesimo e il clima gotico e non c'è, come norma di scrittura, che una ritmica speciale da accogliere come una preghiera mariana, o come una canzone metal, da leggere senza chiedersi niente e dimenticandosi tutto. In questo congedo dal mondo della luce verso la rarefazione dell'immagine e della parola, Luminal supera la prova del tempo, ma soprattutto quella di uno spazio - letterario - che dal racconto iperplastico di una realtà violenta e ipermercificata sconfina nel sacro, nel tremendo. Culmine del buio-omega e manifesto di indipendenza artistica da qualunque modello, questo romanzo è il più spietato della trilogia «dell'incoscienza», di cui fanno parte Fluo e Destroy. Ma è proprio dal racconto delle esperienze più spaventose che emerge, senza freni né regole, il canto spiegato dell'anima. Se ne esce storditi, con la sensazione di aver visto «oltre».