Pierfranco Pellizzetti passa in rassegna alcuni dei vecchi e nuovi protagonisti della scena pubblica, il cui tratto comune è quello di essere dei 'sopravvalutati' o, peggio ancora, dei 'glorificati'. Si tratta dell'apoteosi della ben nota italica spregiudicatezza, termine che non trova corrispondenti nelle altre lingue europee e che sta a significare anche mancanza di scrupoli e sfrontatezza. Fra i tanti esempi iconici: 'la puffetta mannara' (Meloni), 'l'avvocato di panna montata e meringhe' (Agnelli), 'il gran visir del regno della partitocrazia' (Napolitano), 'fare Blair trent'anni dopo' (Renzi) e 'il rinnovamento titubante' (Schlein). Mettendo in luce la cifra stilistica e caratteriale di ognuno dei personaggi, l'autore traccia un'analisi tagliente e caustica, restituendoci l'immagine di una nazione che pare non saper più orientarsi verso un futuro di crescita e responsabilità. È infatti la loro pretenziosa inadeguatezza, l'incapacità di operare da vera classe dirigente, una delle ragioni principe del declino nazionale: un décalage prefigurato dai grandi critici novecenteschi dell'italianità - Gadda, Prezzolini, Flaiano, Longanesi - che ormai giunge al capolinea e che un ingrigito testimone del tempo osserva con risentita amarezza e sarcasmo.